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  • Maria Antonietta Nardone

Un blu introvabile


PERFETTO BLU

di Roberta Andres

Rizzoli Editore - collana Youfeel - 2017



Che coraggio aprire un romanzo con la descrizione di un cimitero! In questo tempo di pervicace rimozione della morte – e di tutto ciò che la ricorda – Roberta Andres decide di iniziare il suo romanzo breve, Perfetto blu, con l’accurato tratteggio del luogo dove riposano le spoglie dei defunti. Perché è proprio in una perdita non assimilata che la protagonista, Mara, si trova intrappolata.

La morte della sorella Daniela, difatti, l’ha fatta scivolare in una lunga depressione a cui seguono dei veri e propri attacchi di panico. Solo l’incontro e le sedute con una valida e gentile analista, prima, e con un pittore per passione e fotografo per sopravvivenza, poi, la risospingono verso la vita, verso la mobilità e la vulnerabilità della vita. Sarà quindi questa doppia accensione provocata dal fuoco dell’amore terapeutico e dal fuoco della passione per un uomo che rimetterà Mara di nuovo in pista.

La relazione con il tormentato Giulio, però, si rivelerà tutt’altro che facile o tranquilla e la indurrà ad una ulteriore discesa ed analisi dei suoi sentimenti e legami più profondi.

Quello che più mi è piaciuto, in quest’opera, è l’efficace e profonda abilità descrittiva degli ambienti, siano essi un cimitero, lo studio di un artista o un paesaggio, e le notevolissime capacità introspettive dell’autrice. È qui che la sua prosa si innalza e si fa ricordare per bellezza ed incisività. Un esempio è rintracciabile in quel senso di struggente malinconia per una terra, la Sicilia, e per un’infanzia, vissuta con l'amata sorella, entrambe perdute, eppure finemente evocate con una sapienza che diventa infine anche liberatoria.

Mentre le ossessioni del pittore e della sua spasmodica ricerca di un blu anelato ed introvabile mi hanno richiamato alla mente le ossessioni di Frenhofer, il protagonista del racconto Il capolavoro sconosciuto di Balzac, anche se con un esito totalmente diverso.

Quello che mi ha convinto meno è la velocità e la fluidità con cui la terapia analitica offre i modi di sbloccare l’empasse della protagonista – poco verosimile – e il finale che vira verso uno scioglimento così solare che mi è parso un po’ forzato; piccole perplessità che non inficiano le parti più riuscite di questo intenso romanzo breve.


Maria Antonietta Nardone © Tutti i diritti riservati



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