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  • Maria Antonietta Nardone

Ritratto di famiglia in nero


F.I.F.

regia di Anna Cianca

con Nunzia Fabrizi, Giovanni Sansonetti, Cristina Finocchi, Alessia Filiberti, Piergiorgio La Rosa, Antonio Gallelli, Marcello Calandrini, Giulia Sanna

Teatro Le Salette – Roma


F.i.f., uno spettacolo divertente, dall’inizio alla fine – cosa mai scontata a teatro. Gli attori, tutti bravi ed affiatati, sono stati capaci di tenere un gran ritmo. Anche perché sono stati superbamente diretti dalla regista Anna Cianca – otto persone che si muovono in un palco non grandissimo senza mai scontrarsi od impallarsi, anche questo non è scontato né facile.

Di questo testo, un rifacimento anonimo di Festa in Famiglia di Alan Ayckbourn, si è privilegiata una lettura dal taglio comico con qualche venatura più scura e minacciosa.

Sì, mi sono proprio divertita a vedere questo ritratto di famiglia più in nero che in festa, direi – anche se i costumi erano coloratissimi monocolori. «Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo» è il folgorante incipit dell’Anna Karenina di Tolstoj. Il modo di essere infelice della famiglia Gray, quindi, è tutto suo – anche se ricorda dinamiche famigliari conosciute un po’ da tutti noi.

Le tre figlie (Jenny, Polly e Deirdre), con i rispettivi compagni e/o mariti (Oliver, David e Jason), di una coppia di coniugi che festeggia i 35 anni di matrimonio, Emma ed Edward, si ritrovano tutti nella casa dei genitori, sperduta nella campagna inglese. Due le chiavi di volta che muovono questa commedia caustica e soave nel proporre una vicenda amarissima ed allarmante: la domanda cinica del padre se in fondo non si faccia altro che sposare la persona sbagliata e l’arrivo di una lettera di un vicino di casa che apre squarci inquietanti sulla reale relazione che intercorre tra Emma e il marito. Da qui, in una ronde continua che dà voce ed urla a rancori e rimostranze, infiniti risentimenti ed indicibili dubbi, prende consistenza un gioco al massacro in cui svetta un sado-masochismo dei sentimenti che non risparmia nessuno, un sospetto atterrito che una volontà omicida possa diventare realtà ed un’impotente inconcludenza che afferra tutti, giovani ed anziani, famigliari stretti od acquisiti. Si instaura così un meccanismo finissimo che scardina sia i rapporti più intimamente famigliari sia i rispettivi rapporti di coppia.

Il tutto però è raccontato con grande leggerezza e con humor tipicamente anglosassone. Mentre ogni volta che si affaccia la paura per la sorte dei propri “cari”, essa è subito ricacciata indietro, repressa, deliberatamente nascosta. Nella pasticciata indagine che le tre coppie conducono per scoprire o sventare un possibile uxoricidio, quello che si rintraccia, difatti, è proprio l’affetto che lega i membri di questa famiglia. Sì, affetto, anche nei conflitti più violenti o nella distorsione-perversione dello stesso.

La scena più straziante, anche se in sala ha provocato più risate, è stata quella in cui la madre, Emma, sparecchia in salone a passo di danza classica, tra un arabesque e un à la seconde. Lo slancio segretamente liberatorio di un cigno in gabbia, che appartiene a tanti, tanti esseri femminili che si ritagliano uno spazio tutto per sé solo quando sono soli in una stanza o quando tutti dormono, mi è arrivato distintamente e pienamente – grandissima zampata registica.

Ripeto, tutti bravi, ma mi piace qui sottolineare la potente presenza scenica e la duttile personalità di Alessia Filiberti che crea una Deirdre sempre irresistibile, la svagatezza surreale ed istintiva di Nunzia Fabrizi, l’aplomb volutamente inquietante di Giovanni Sansonetti, la naturale postura e faccia comica di Piergiorgio La Rosa, l’elegante, nevrotica durezza che Giulia Sanna presta alla sua Polly, la candida e petulante imbranataggine che Cristina Finocchi trova per la sua Jenny, la pedante freddezza con cui Antonio Gallelli disegna il suo Oliver e i mille tic, le mille ansie, le mille psicosomatizzazioni a cui dà forma Marcello Calandrini per il suo David.

È solo una breve, brevissima nota, questa; ma non potevo non scriverla. Perché si ringrazia sempre quando si riceve in regalo un pomeriggio teatrale pieno di risate belle ed intelligenti.


Maria Antonietta Nardone © Tutti i diritti riservati



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