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Maria Antonietta Nardone

La solidarietà che non muore


(Foto della locandina presa dal web)


E LA FESTA CONTINUA!

 di Robert Guédiguian

 con Arianne Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Lola Naymark, Gérard Meynal, Robinson Stévenin, Alice Da Luz

 

Immagini di un telegiornale riportano la caduta di due palazzine popolari a Marsiglia, nel 2018, dove sono morte più persone. È questo l’inizio de E la festa continua!, l’intenso e delicato film di Robert Guédiguian. Grazie alla figura di Rosa, un’infermiera di origine armena, attivista nel proprio quartiere, e dei suoi due figli, Sarkis e Minas, il regista racconta una storia di lotte (la problematica unione delle diverse componenti progressiste o la difesa degli edifici scolastici), di incontri (d’amore e di ritrovamenti affettivi famigliari), di vita esperita come un’avventura che non ha fine finché non è finita e di un tenace, indistruttibile bisogno di bellezza.

   Rosa, scrivevo, è un’infermiera vicina ai settant’anni in procinto di andare in pensione. Rimasta vedova molto giovane, ha cresciuto con vitalità, energia e responsabilità  i suoi due figli così come ha coltivato la sua passione di attivista politica nel suo quartiere. È un imprescindibile ed infaticabile punto di riferimento sia nella sua famiglia, di cui fa parte anche il fratello Tonio, un tassista sempre con un borsalino nero in testa, e Alice, la donna che Sarkis sta per sposare, sia nell’ospedale dove lavora, sia per la comunità in cui vive. Proprio in occasione del matrimonio, arriva a Marsiglia Henri, il padre di Alice, che non è mai stato troppo presente nella vita della figlia.

   Tra Rosa ed Henri nasce un autentico sentimento d’amore. Il regista fa vedere l’amore che può nascere anche quando si è prossimi ai settant’anni; fa vedere l’amore che sogna di formare una famiglia numerosa che tramandi la cultura armena – e che nessun genocidio può aver cancellato; la relazione difficile, ma ineludibile tra diverse generazioni, la solidarietà che non muore, la tensione pugnace di chi lotta per i diritti e le conquiste degli ultimi, la potenza dell’arte (musica, letteratura, teatro); così come si vedono le gioie e le sofferenze, le difficoltà o le fatiche, la forza e la fragilità. Il grande pregio di questo film è la compresenza di tutti questi elementi contrastanti così come avviene nella realtà delle nostre esistenze. E tutto questo si deve all’arte del regista e dei suoi vecchi e nuovi interpreti.

   Bellissimi sono anche l’uso dei sogni di Rosa sul padre, con tutto il suo potere evocativo ed anticipatore, e l’enorme disponibilità all’ascolto di Rosa, così come di Tonio e di Henri – non a caso appartenenti tutti alla generazione dei settantenni.

   La fotografia di Pierre Milon è magnifica; la qualità della luce – sia di giorno sia di notte – e la prevalenza del turchese che riesce a trovare per una Marsiglia fatta di dedali di vie strette e tortuose o di ariosissime aperture al mare, sono elementi narrativi a se stanti.

   La regia di Robert Guédiguian è profonda e lieve ad un tempo. Il suo modo di raccontare a me ha ricordato la grazia letteraria dei racconti di Maupassant come ad esempio Boule de suif, con tutta la sua durezza, e, allo stesso tempo, l’apertura alla speranza e al riscatto degli ultimi – del tutto assente in Maupassant – presente invece nei romanzi di Victor Hugo come Les Misérables. Un risultato davvero eccelso per questo film così come per i suoi precedenti; una filmografia, quindi, capace di essere coltissima ed accessibilissima a tutti, proprio come l’opera dei due grandi scrittori francesi sopra citati.

   E che dire degli interpreti, uno più bravo dell’altro: da Rosa, una luminosa Ariane Ascaride, sul cui volto trascorrono tutta una serie di sfumature dei sentimenti che ha del prodigioso, o l’Henri di Jean-Pierre Darroussin, che lavora tutto in sottrazione e ci regala una delle sue prove più alte e commoventi, o il Tonio di Gérard Meylan, l’imperterrito seduttore con la sua sempre affascinante faccia da indio – per parlare solo dei suoi sodali ultradecennali. Altrettanto bravi e convincenti sono stati Robinson Stévenin che impersona Sarkis, sanguigno e raffinato allo stesso tempo, e Lola Naymark che incarna un’Alice insicura ed inquieta.

   E la festa continua! è l’ultimo tassello che si aggiunge alla trentennale commedie humaine tracciata e narrata da Guédiguian nella sua città-simbolo, Marsiglia, con i suoi attori abituali (Ascaride, Darroussin, Meylan), registrandone tutti i mutamenti sociali, esistenziali ed affettivi con una perseveranza ed una delicatezza di cui, noi spettatori, non possiamo che essere profondamente grati.

   Mi piace concludere questa mia recensione con la lettera sulla cinciallegra scritta da Rosa Luxemburg nella prigione in cui era stata rinchiusa:«Sulla mia tomba non si dovranno leggere che due sillabe: zvi-zvi. È infatti il richiamo della cinciallegra che io imito così bene da farne accorrere un’enorme quantità, ogni volta che faccio loro il verso. E immagini che in questo zvi-zvi, che prima brillava chiaro e acuto come un ago d’acciaio, c’è da qualche giorno un minuscolo trillo, una piccolissima nota di petto. E sa, signorina Jacob, che cosa significa questo? È il primo leggero trasalimento della primavera imminente; nonostante la neve, e il gelo, e la solitudine, noi – le cinciallegre ed io – crediamo all’arrivo della primavera!».

 

 

 


Maria Antonietta Nardone © Tutti i diritti riservati

 

 

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