No, Leonard Cohen, no!
(Foto presa dal web)
La voce bassa e profonda di Leonard Cohen ha accarezzato la mia esistenza fin da adolescente. Una voce che ti avvolgeva e ti immetteva in un mondo fatto di amori difficili o compiuti, di accorate domande esistenziali, di guerre tra ricchi e poveri, uomini e donne, il bianco e il nero; di uccelli sul filo e di mendicanti, di speranza e di disperazione, di Giovanna d’Arco e di Dio, di capitanti morenti e di figli di cacciatori, tutti raccontati con vertiginosa sensibilità ed altissima compassione.
Troppe le indimenticabili canzoni di questo autentico Lord of Song per nominarle tutte. Romanziere che si buttò nella canzone portando con sé tutta quella complessità che la parola scritta possiede, è tra i maggiori cantautori di sempre: Joni Mitchell, George Brassens, Bob Dylan, Fabrizio De Andrè (che non a caso canterà le sue Joan of Arc e Suzanne).
Quella sua inconfondibile voce continuerà ad accarezzarmi ancora ed ancora ed ovunque io vada. Gli sono grata per tutte le visioni, le riflessioni, le emozioni, le scoperte, gli interrogativi, le ambiguità e le profondità che la sua poesia mi ha regalato con grazia impareggiabile.
Chiudo queste poche righe scritte di getto alla notizia della sua morte con il testo di una sua canzone, non notissima eppure sublime, Heart with no companion:
«Now I greet you from the other side
of sorrow and despair,
with a love so vast and so shattered,
it will reach you everywhere.
And I sing this for the captain
whose ship has not been built,
for the mother in confusion,
her cradle still unfilled.
For the heart with no companion,
for the soul without a king.
for the prima ballerina
who cannot dance to anything.
Through the days of shame that are coming,
through the nights of wild distress, though your promise count for nothing,
you must keep it nonetheless.
You must keep it for the captain
whose ship has not been built,
for the mother in confusion,
her cradle still unfilled».
Maria Antonietta Nardone © Tutti i diritti riservati