L’irresistibile saltimbanca dell’amore
(Foto della locandina presa dal web)
CERNIERA
Testo tratto dal libro di poesie A corpo vivo di Anna Segre
regia di Christian Angeli, Giuditta Cambieri
con Giuditta Cambieri
Teatro Porta Portese - Roma
Per due intense serate, al Teatro Porta Portese, è andato in scena lo spettacolo Cerniera diretto da Christian Angeli e Giuditta Cambieri, interpretato da Giuditta Cambieri. Il testo è stato interamente costruito attingendo dal libro di poesie A corpo vivo di Anna Segre pubblicato da Marietti 1820 Editore, eseguendo un nuovo collage di versi, che si prestasse alle esigenze strutturali di un monologo teatrale, ma lasciando inalterata la sostanza di questo infuocato canzoniere di un medico, psichiatra, terapeuta che è, e si è fatta, poeta. Quale è, appunto, Anna Segre.
A corpo vivo segue un altro libro dell’autrice, La distruzione dell’amore. E dopo la distruzione dell’amore e di un amore non poteva che esserci la costruzione di un nuovo amore. E sì, perché l’io che parla e racconta e si racconta e si rivolge all’amata, nonostante tutti i tentativi, anche divertenti, di non cadere più in una rete amorosa, si trova, malgré elle, letteralmente travolta da una passione incontenibile per un nuovo oggetto d’amore.
E questa passione, questo desiderio, questo bisogno di parlare all’amata e dell’amata costituiscono i frammenti di un originale discorso amoroso che mostra, in tutto il suo vortice caleidoscopico, «lo spettacolo di arte varia di uno (una) innamorato (innamorata) di te”» come canta Paolo Conte. E quindi mostra tutto quel bailamme di moti e sentimenti contrastanti che convivono in chi ama; mostra tutti i suoi deliri, i suoi sberleffi, le sue immaginazioni, le sue vere e proprie rêveries, i suoi aneliti e le sue pulsioni sessuali. L’io che ama vorrebbe essere una mosca per stare sempre attorno all’amata; oppure, addirittura, una molecola pulviscolare, pur di vederla ed essere “respirata da lei”. E questa mosca con gli occhiali, con un libro tra le zampette, vola, vola, vola e “ronza” continuamente attorno all’oggetto pazzamente amato.
Questa passione, questo «Coso» che ora abita colei che racconta, colei che fa fatica a farsi notare, che ha milioni di dubbi, che vede in sé solo inadeguatezze e che eppure possiede una forza che niente e nessuno riescono ad imbrigliare, ebbene, questa amante devota possiede una tenacia che non disdegna finanche la testardaggine più dura pur di continuare ad inseguire la sua agognatissima fantasma d’amore.
Riuscirà chi ama (la gallina) ad attrarre a sé l’amata (la tacchina)? Riuscirà a congiungersi in un amplesso reale dopo i tanti amplessi immaginari? Lo spettatore lo scoprirà vedendo lo spettacolo; il lettore leggendo il libro, naturaliter.
A dare corpo ai fantasmatici e surriscaldati versi dell’autrice c’è sul palco Giuditta Cambieri. È lei che dà gesto, espressione, voce e movimento a tutto ciò e lo fa con una presenza scenica ed una capacità mimica entrambe al di fuori del comune. Questa attrice sottile e duttile mi è parsa muoversi come un pierrot lunaire e allo stesso tempo hilaire; sì, un pierrot lunare ed ilare allo stesso tempo. È lei che è riuscita ad incarnare l’anelito e lo strazio, il desiderio e la frustrazione, il reale e l’onirico con l’abilità di una danzatrice classica a cui ha affiancato le movenze buffe e snodate di Olivia Oyl, la fidanzata di Braccio di Ferro (Popeye). E l’aspetto comico, questo rovescio comico di ogni dramma e di ogni tragedia è la cifra stilistica che attraversa tutta la poesia di Anna Segre, magnificamente interpretata da una prorompente Giuditta Cambieri che si è trasformata in un’originale ed esilarante saltimbanca dell’amore, nel senso originario e nobile della parola, ossia un’acrobata che esegue con destrezza giochi vari, in questo caso, che esegue con maestria quel gioco tragicomico che corrisponde alla parola “amore”. E questa saltimbanca d’amore mi ha ricordato i Ditirambi di Dioniso e altre poesie di Nietzsche che così scriveva, sarcastico, a suggello di ogni strofa:«Pretendente della verità? Tu?»; a cui egli stesso si dava la disarmante risposta:«Solo giullare, solo poeta». E questo a me pare valga sia per Segre sia per Cambieri, infaticabili giullari del Ventunesimo secolo.
Se nella prima parte della messinscena, mi è parso che il ritmo fosse troppo veloce e affastellato, da un certo punto in poi Cambieri prende il volo e regala agli spettatori momenti di grande profondità interpretativa dove il tragico e il comico non sono mai disgiunti, e penso alla forza dell’eros recitata come una preghiera cantilenante mentre è in ginocchio su un inginocchiatoio (poesia numero due), oppure alla furia turpiloquente che esplode mentre è sdraiata a terra, amante messa al tappeto e sconfitta dai rifiuti dell’amata (poesia numero settantacinque); o quando, alla fine, in quella sorta di editto programmatico di un mutuo patto di dedizione declama, come in un comizio, quanto è proibito e quanto è concesso, con una vis comica irresistibile.
Sul libro A corpo vivo di Anna Segre, da cui è tratto Cerniera, questo monologo teatrale cucito appositamente per Giuditta Cambieri, che posso dire che già non sia stato detto da altri critici letterari? Aggiungo solo che i versi di Segre offrono sempre una prospettiva, uno scatto, un’energia tali che non si può non amare la sua poesia così come non si non può non amare chi l’ha scritta.
Mi sono piaciuti molto la scenografia di Giovanni Marzi e gli oggetti di scena di Giampiero Giorgio (le tende, la corda, la porta piccola, l’altalena, il metronomo, il secchio, le carte da gioco, la sedia che diventa scala o inginocchiatoio) perché li ho trovati meravigliosamente aderenti al mondo poetico che si era chiamati a rappresentare.
Mi è piaciuta anche la musica di Federica Clementi, contraltare sonoro suggestivo e mai invasivo. Mi sono piaciute le luci di Sabrina Fasanella, ora calde ora piene ora scure. E mi è piaciuta anche la regia stringata di Angeli e Cambieri, anche se ho notato una grande differenza di linguaggio nella scelta dei versi tra la prima e la seconda parte dello spettacolo. La prima, più concettuale e densa; la seconda, decisamente più fluida e figurativa.
Alla fine, insistenti ed entusiastici applausi hanno accolto i fautori di questa scoppiettante messinscena, da Giuditta Cambieri ad Anna Segre, da Christian Angeli a Federica Clementi fino a Giampiero Giorgio, giunti tutti sul palco a ringraziare un pubblico appagato.
Maria Antonietta Nardone © Tutti i diritti riservati
(Photo by Marco Foschi)
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