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Maria Antonietta Nardone

Buon passaggio del Bardo, Kim Ki-duk


(Foto presa dal web)


È morto Kim Ki-duk. Kim Ki-duk è morto. Non mi entra in testa. No, questa frase non mi entra in testa. Non mi entra nel cuore. Le lacrime scendono da sole e non si fermano. Non si fermano più. Ed io stessa non cerco più di fermarle.

Mi scorrono davanti agli occhi le immagini dei suoi grandi, grandissimi film: Primavera, estate, inverno… e ancora primavera, La Samaritana, Ferro 3, L’arco, Time, Pietà, Moebius, Il prigioniero coreano, solo per citare i primi che mi vengono in mente.

Quel senso profondo dell’inquadratura, della composizione dell’inquadratura e della distribuzione dei colori – essendo nato artisticamente prima come pittore.

Quella sua profonda visione del mondo, che è propria di ogni autentico artista, che emergeva limpida e purissima in tutti i suoi film.

Quella dolorosità anche nella bellezza più sublime, così umana troppo umana, che lo ha fatto sempre sentire a me caro, tanto caro.

Uno degli elementi che più mi ha colpito nelle sue opere è l’educazione alla compassione (alla buddhista, naturalmente). E che si esprime con la karuna, «tristezza» davanti alle pene altrui, la krpa, «gemito» condiviso con chi soffre, affine alla nostra empatia, e la daya, «tenerezza» verso i deboli e i miseri.

Faccio fatica a raccogliere i pensieri e le parole. Perciò riporto un mio brano che lo dispiega con quella calma e quella chiarezza che ora proprio non riesco ad avere.

Perché il provare compassione (cum patior, soffrire con) passa anche per un’educazione alla compassione e si ritrova fin dal primo film che ho visto di questo sorprendente regista, il bellissimo e folgorante Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera dove c’è quell’episodio illuminante del pesce, della rana, del serpente e del bambino. L’educatore, in quel caso, era un vecchio monaco buddhista.

Un bambino studia per diventare monaco in una casa/tempietto posta in mezzo ad un lago ed è seguito da un vecchio monaco, il suo maestro. Nella scoperta del mondo il bambino si trova a sperimentare anche piccole forme di sadismo, naturalmente inconsapevole. Per gioco e per piacere lega un sassolino prima ad un pesce poi ad una rana infine ad un serpente ridendo dell’impaccio che i tre animali provano nel nuotare o nel muoversi. Il vecchio maestro lo vede. Di notte, lega al bambino una pesante pietra. Al mattino, dopo un breve dialogo chiarificatore, il maestro così lo ammonisce:«Se hai sbagliato, devi porvi rimedio» e poi «se anche uno solo dei tre animali è morto, porterai questa pietra sul cuore per tutta la vita». Il bambino sperimenta così lo sforzo e la fatica di muoversi con quel pesante fardello sulla schiena. Quando va a togliere il sasso al pesce, lo trova morto. Seppellisce il pesce. La rana, invece, è ancora viva. La libera del sasso con cui l’aveva legata. Il serpente giace in una pozza di sangue, senza vita. Il bambino comincia a piangere, a piangere disperato. Ha così appreso a conoscere la sofferenza e la compassione per ogni essere senziente.

Perfino il violento esattore di prestiti, Kang-do, in Pietà, viene tenacemente educato alla compassione da colei che egli crede essere sua madre. Perduta la sua impermeabilità, comincia a “sentire” la sofferenza di quegli uomini a cui va ad estorcere denaro; comincia a “comprendere” le motivazioni che li spingono a chiedere soldi ad un usuraio. Anzi, si insinua in lui una buia paura; la paura che qualcuno da lui picchiato possa vendicarsi, facendo del male a sua madre, lo porta a sua volta a provare quella sofferenza in passato inferta ad altri. Il momento in cui, quando crede che qualcuno stia minacciando di buttare la madre dall’alto di un edificio, offre la sua stessa vita al posto di quella della madre, ebbene questo è il momento in cui si è davanti ad un cambiamento indubbio, davanti ad un’anima totalmente cambiata e rinnovata.

Grazie per tutto quello che ci hai donato, Kim Ki-duk.

E che tu possa attraversare compiutamente e felicemente il Bardo.





Maria Antonietta Nardone © Tutti i diritti riservati





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