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  • Maria Antonietta Nardone

Castelfusano brucia



Tra ieri ed oggi è bruciata una considerevole parte della pineta di Castelfusano (200 ettari, le prime stime).

Tra ieri ed oggi, l’aria densa di fumo acre si alterna ai continui passaggi dei canadair che volano sopra la mia testa.

Sì, Castelfusano brucia, è bruciata, continua a bruciare. Castelfusano non è solo uno dei più vasti e più importanti ecosistemi di macchia mediterranea al mondo. Castelfusano è il luogo principe della mia infanzia. Quanti giochi, quanti pic-nic, quante corse ho fatto tra i suoi alti pini! Quante ginocchia sbucciate e quante mani annerite dai pinoli da schiacciare! Quante corse in biciclette ho fatto e faccio tutt’ora!

Castelfusano era la mia foresta di Sherwood; noi bambini si giocava inventandoci castelli e balestre, frecce e cavalli confidando in un’immaginazione infinita. Impossibile dimenticare il suono che fanno i piedi che calpestano gli aghi dei pini; impossibile dimenticare quel sempreverde scurito dall’ombra od acceso dal sole; impossibile dimenticare l’odore puntuto del bosco o quello dolce della resina; impossibile dimenticare le umili fioriture della primavera o il ghiaccio che stilla immobile in certi mattini invernali.

Castelfusano è «stare distesi supini e guardare il cielo attraverso le fronde e i rami degli alberi; è vedere le foglie smosse dal vento; è udire i rumori della radura ed incantarsi a seguire tutte quelle sciabole di luce e, per un attimo, sentire e sapere di far parte di un’armonia immensa che supera non solo la mia persona ma perfino il mio limite stesso di creatura umana. Per un attimo senti quell’armonia, come una musica talmente perfetta che non ha bisogno di suoni, e ti accorgi che proprio in quel momento fai parte di qualcosa molto, molto più grande di te, qualcosa di infinitamente più grande e più importante di te, qualcosa però che ti comprende e ti contiene, e non so com’è che avvenga, però, anche tu senti, per un momento, di comprendere e di contenere questo qualcosa (un ‘quid’ assolutamente inafferrabile), anche se in misura molto, molto inferiore».

Bruciare la bellezza, l’ossigeno, i pini, è bruciare il divino che è in noi. Il mistero che è in noi. È bruciare l’umano e il divino strettamente intrecciati in noi. E questo vale anche per coloro che hanno materialmente appiccato il fuoco e per coloro che l’hanno “ordinato” in nome di “interessi” giudicati superiori. Avete bruciato voi stessi e non ve ne siete nemmeno accorti! Che pena!


Maria Antonietta Nardone © Tutti i diritti riservati




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